venerdì 17 aprile 2015

Gli Stili Genitoriali

Per "stile genitoriale" si intende la modalità educativa e accudente con cui i genitori svolgono le funzioni genitoriali e, in generale, si rapportano ai propri figli.

Diana Baumrind negli anni '70 propose 4 principali tipologie di stili genitoriali: autoritario, permissivo, trascurante e autorevole. Ogni tipologia di stile può essere considerato secondo tre dimensioni: controllo, affetto/accettazione e comunicazione. Lo stile genitoriale efficace è quello che riesce a mantenere equilibrio tra le tre dimensioni.

Ma vediamo più nel dettaglio:
Il genitore che adotta lo stile autoritario pretende l'obbedienza e non dà spiegazioni sulle proprie decisioni, è inflessibile e distaccato, esprime valutazioni e giudizi, non accetta il figlio per quello che è e pertanto tenta di plasmarlo a seconda di un suo ideale, scoraggia il dialogo ed una comunicazione a due vie. Il figlio potrebbe tendere al ritiro sociale, a stati ansiosi, alla frustrazione, ad una bassa autostima, a problemi nella condotta sociale.
Il genitore che adotta lo stile permissivo non guida il bambino nelle sue scelte, non è severo e non pretende nulla dal figlio, si dimostra poco coerente nella disciplina fornendo poche regole o talvolta nessuna, soddisfa ogni desiderio del bambino anche se privo di senso. Il figlio potrebbe, in questi casi, presentarsi come un bambino immaturo e carente nell'autocontrollo e nella responsabilità sociale. Potrebbe pensare che il genitore sia poco interessato nei suoi confronti e pertanto sentirsi privo di sostegno nei momenti difficili; può, inoltre, mettere in atto comportamenti aggressivi alla ricerca di una risposta di fermezza contenitiva da parte dell'adulto.
Un genitore dallo stile trascurante si manifesta con un totale disimpegno nella relazione educativa: non chiede nulla al figlio, fornisce pochi strumenti di comprensione del mondo, non sente responsabilità educative. In questo caso, un figlio potrebbe essere a rischio di comportamenti devianti.
Un genitore autorevole ha un'idea chiara del tipo di disciplina (regole), controlla i figli e richiede risultati, rispetta i desideri del bambino, favorisce gli scambi verbali, sollecita le opinioni e i sentimenti del figlio (reciprocità), manifesta affetto e calore, si aspetta che il figlio si comporti intellettualmente e socialmente a livelli coerenti con la sua età e le sue capacità, dà spiegazioni per le decisioni che assume, si pone all'interno di una relazione asimmetrica, mostra i suoi sentimenti in modo autentico, si interroga circa i messaggi veicolati da taluni comportamenti, accetta incondizionatamente il figlio, ma non sempre approva i suoi comportamenti, ascolta il figlio con empatia valorizzando le sue parole, i suoi sentimenti, le sue esperienze e senza sostituirsi a lui, manifesta stima e fiducia verso sé e verso il figlio, sa essere assertivo. Il figlio, in tal caso, potrebbe dimostrarsi competente, interessato, indipendente, assertivo, propositivo, amichevole con i coetanei, cooperativo con i genitori, motivato nei confronti dei risultati da raggiungere; potrebbe avere più possibilità di sviluppare un senso critico, una buona autostima, un senso di sicurezza e buone capacità di adattamento. Lo stile autorevole è pertanto correlato ad esiti sociali più adattivi.

Accanto a queste macro categorie di "stile", se ne possono affiancare altre, in cui la comunicazione verbale e non verbale tra genitore e figlio veicola un messaggio di natura disfunzionale. Si tratta degli stili:
- Iperansioso: Cerca di evitare al figlio ogni minima frustrazione per l'incolumità fisica. ("I pericoli sono dappertutto")
- Iperprotettivo: Cerca di evitare al figlio ogni minima frustrazione per l'incolumità emotiva. ("Non so gestire la frustrazione")
- Ipercritico: Ingigantisce e sottolinea i difetti, rimprovera, non loda mai. ("Non valgo niente")
- Perfezionistico: Non ammette errori e debolezze. ("Se sbaglio metto a rischio la relazione....")

La consapevolezza del proprio stile educativo e di comunicazione, la capacità di ascolto e accettazione dei bisogni del figlio, l'apertura al dialogo e la capacità di trovare modalità adeguate nell'esercizio del controllo, sono risorse fondamentali per una genitorialità adeguata.
A tale scopo l'intervento psicologico e/o di mediazione familiare rivolto ai genitori e ai figli può essere di aiuto alla relazione, soprattutto se la relazione riguarda la fase di sviluppo dell'adolescenza che, di per sè, rappresenta un momento delicato che mette a dura prova non solo il giovane, ma anche l'intero sistema familiare.

Dott.ssa Sara Varisco (Mediatrice Familiare)
Dott.ssa Arianna Leo (Psicologa)

mercoledì 15 aprile 2015

Non insegnate ai bambini



Un bambino risponde «grazie» perché ha sentito che è il tuo modo di replicare a una gentilezza, non perché gli insegni a dirlo.
Un bambino si muove sicuro nello spazio quando è consapevole che tu non lo trattieni, ma che sei lì nel caso lui abbia bisogno di te.
Un bambino quando si fa male piange molto di più se percepisce la tua paura.
Un bambino è un essere pensante, pieno di dignità, di orgoglio, di desiderio di autonomia, non sostituirti a lui, ricorda che la sua implicita richiesta è «aiutami a fare da solo».
Quando un bambino cade correndo e tu gli avevi appena detto di muoversi piano su quel terreno scivoloso, ha comunque bisogno di essere abbracciato e rassicurato; punirlo è un gesto crudele, purtroppo sono molte le madri che infieriscono in quei momenti. Avrai modo più tardi di spiegargli l’importanza del darti ascolto, soprattutto in situazioni che possono diventare pericolose. Lui capirà
Un bambino non apre un libro perché riceve un’imposizione (quello è il modo più efficace per fargli detestare la letteratura), ma perché è spinto dalla curiosità di capire cosa ci sia di tanto meraviglioso nell’oggetto che voi tenete sempre in mano con quell’aria soddisfatta.
Un bambino crede nelle fate se ci credi anche tu.
Un bambino ha fiducia nell’amore quando cresce in un esempio di amore, anche se la coppia con cui vive non è quella dei suoi genitori. L’ipocrisia dello stare insieme per i figli alleva esseri umani terrorizzati dai sentimenti.
«Non sono nervosa, sei tu che mi rendi così» è una frase da non dire mai.
Un bambino sempre attivo è nella maggior parte dei casi un bambino pieno di energia che deve trovare uno sfogo, non è un paziente da curare con dei farmaci; provate a portarlo il più possibile nella natura.
Un bambino troppo pulito non è un bambino felice. La terra, il fango, la sabbia, le pozzanghere, gli animali, la neve, sono tutti elementi con cui lui vuole e deve entrare in contatto.
Un bambino che si veste da solo abbinando il rosso, l’azzurro e il giallo, non è malvestito ma è un bambino che sceglie secondo i propri gusti.
Un bambino pone sempre tante domande, ricorda che le tue parole sono importanti; meglio un «questo non lo so» se davvero non sai rispondere; quando ti arrampichi sugli specchi lui lo capisce e ti trova anche un po’ ridicola.
Inutile indossare un sorriso sul volto per celare la malinconia, il bambino percepisce il dolore, lo legge, attraverso la sua lente sensibile, nella luce velata dei tuoi occhi. Quando gli arrivano segnali contrastanti, resta confuso, spaventato, spiegagli perché sei triste, lui è dalla tua parte.
Un bambino merita sempre la verità, anche quando è difficile, vale la pena trovare il modo giusto per raccontare con delicatezza quello che accade utilizzando un linguaggio che lui possa comprendere.
Quando la vita è complicata, il bambino lo percepisce, e ha un gran bisogno di sentirsi dire che non è colpa sua.
Il bambino adora la confidenza, ma vuole una madre non un’amica.
Un bambino è il più potente miracolo che possiamo ricevere in dono, onoriamolo con cura.
(Giorgio Gaber “Non insegnate ai bambini”)

Dott.ssa Arianna Leo
Dott.ssa Sara Varisco